Lui non era come gli altri, tanti, cani randagi nella polvere di Erbil, in Iraq. C’era qualcosa, negli occhi con cui fissava il soldato Marin ogni mattina, mentre entrava in pista a preparare l’aereo. I due sono presto diventati inseparabili. E allora, quando il militare Cameron Marin ha potuto tornare in patria, negli Stati Uniti, ha fatto di tutto per portare via con sé anche il cane che aveva chiamato Sunny.
Tra i due la scintilla è scoccata a bordo pista della base aerea statunitense. L’afa stritolava tutto, e Sunny per cercare refrigerio si rotolava nel fango, la sola cosa vagamente fresca in quella canicola. Cameron ha iniziato a portargli l’acqua, poi il cibo. Poi è stato affetto con tempo condiviso e coccole e balocchi.
Marin non poteva nemmeno pensare di lasciarlo lì da solo e tornare nel New Hampishire senza voltarsi indietto. E allora ha fatto di tutto, rivolgendosi a un’organizzazione internazionale che si occupa proprio di cani e adozioni, il Spca International. Ha presentato domanda per essere inserito, lui con Sunny, nel programma Operation Baghdad Pups: Worldwide. Dall’altra parte, il cane era ormai seguito nel rifugio di Erbil per cui poteva essere aiutato.
Portarlo al rifugio dopo la vita in libertà era stata una scelta straziante per Marin, ma è quella che ha salvato la loro amicizia consentendo al cane di raggiungerlo. Sì perché alla fine ce l’hanno fatta. Lo scorso ottobre Sunny è stato messo su un aereo. Quando è atterrato sul suolo americano, ad attenderlo c’era la moglie di Marin, rimasto nel New Hampshire. Rivedersi, dopo i controlli sanitari e le pratiche di rito, è stato un trionfo di felicità, con Sunny che non smetteva di scondinzolare e saltare, matto di gioia.