Si chiamava Zeus ed era un cane di razza breton di 10 anni. Dopo una vita a servizio del suo proprietario cacciatore e della sua attività venatoria, non ce la faceva più a rincorrere prede per chilometri. E allora quell’uomo non ha trovato di meglio che abbandonarlo a morire di stenti, mangiato vivo dalle zecche, nido incolpevole di parassiti di ogni genere, malato di filaria, senza più nulla.
A processo, l’ex cacciatore è stato condannato a 6 mesi di carcere. La sentenza è storica e a darne notizia erano stati gli operatori di Lndc Apuania che quel cagnolino lo avevano trovato e si erano poi battuti in suo nome a partire dalla denuncia dei fatti. Sì perché il povero breton è morto, alla fine.
“Il giudice – commenta l’avvocato Michele Pezone per Lndc – ha applicato l’articolo 544 bis del codice penale. La condotta dell’ex cacciatore ha fatto mancare le cure e l’assistenza necessarie per la sopravvivenza del cane. L’animale è morto almeno con dignità, tra le braccia dei volontari Lndc che lo avevano avuto in affidamento dopo il sequestro da parte dell’autorità giudiziaria”.
Amaramente soddisfatto per la vicenda processuale era stato il presidente della Lndc Apuania, Roberto Guelfi. “Zeus ha vissuto in un recinto fatiscente, una gabbia per uccelli, legato alla catena, esposto alle intemperie. La sentenza – commentò all’indomani del pronunciamento, nel 2016 – apre la strada ad una giurisprudenza attenta ai diritti degli animali, che punisce col carcere chi abbandona fino alla morte il proprio fedele compagno”.