Chi passando gli regalava una carezza, chi un boccone di cibo, chi una parola. E chi tentava di tranquillizzarlo. Sì ma era impossibile. Il povero cane guaiva. Piangeva. Si lamentava. La folla di un aeroporto come quello napoletano di Capodichino, nel 2017, si apriva alla pietà per quell’animale sofferente e spaventato. Alcuni avevano pensato che i suoi proprietari lo avessero lasciato lì per il tempo necessario a sbrigare le operazioni di imbarco o di sbarco.
Invece no. A sera il cane era ancora lì: legato a un palo. Rannicchiato e stretto nella sua pelliccia, infreddolito, gli occhioni sbarrati nel terrore dell’abbandono. A quel punto le persone e gli operatori aeroportuali si sono resi conto. Il cane era stato abbandonato. Mollato lì col cuoricino spezzato.
Gulliver, lo hanno ribattezzato i volontari che sono andati a prenderlo e che per lui hanno cercato una nuova famiglia che riempia d’amore il buco lasciatogli nel cuore. Dicono che sia un buon cane, che vada d’accordo con tutti. E’ mite, ha un carattere dolce. Ha due anni, sano e sterilizzato. Aveva perso il più, però: la sua casa e i suoi umani.