Stanno tornando alla ribalta, fenomeni che negli anni non eravamo più abituati a sentire: cani che attaccano l’uomo e uccidono. Non so se vi ricordate l’intensità del fenomeno negli Anni Novanta e i primi del Duemila… poi improvvisamente più nulla. Le ragioni ci sono sconosciute, ma di fatto, sembra che oggi i media, riportino di nuovo tantissime notizie di aggressioni da parte di cani, soprattutto di razza Pitbull, ai danni di bambini o addirittura di addestratori, come nel caso di cronaca consumatosi a Borgo Vercelli, dove un Pitbull ha attaccato il suo addestratore uccidendolo.
Premettendo che ogni situazione è differente e siamo sicuri che la mano dell’uomo è sempre in parte responsabile, la via più percorribile è sempre quella della rieducazione.
Ma la rieducazione è sempre possibile?
Ivan Schmidt, addestratore cinofilo, spiega che in molti casi questa non è una strada percorribile, soprattutto quando il problema è di tipo biologico: deformazioni del cervello o del cervelletto, o ancora squilibri di tipo chimico, inducono il cane a comportamenti aggressivi.
Ma perché questo capita? Schmidt spiega che tendenzialmente il problema si origina con incroci fra cani non controllati, in ambienti “casalinghi”, dove il fai da te può diventare pericoloso per tutti.
Per questo si rendono necessari dei patentini per chi detiene un cane di questo tipo, ma soprattutto servono regolamentazioni più rigide e stringenti. Inoltre gli screening veterinari che mostrano un’indagine approfondita sul cervello di cani problematici possono venirci in aiuto. Questi dovrebbero essere obbligatori per l’incolumità di tutti.
Sperando di non sentire altre notizie simili, confidiamo in nuove norme che possano migliorare le condizioni di vita di questi cani in primis, oggi sbattuti nei canili andando ad aumentare il fenomeno degli abbandoni.
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